A piedi scalzi

 

Dita invisibili
e piedi di sabbia

stuoie leggere
per camminare
con gli occhi socchiusi.

 

L'ombra delle montagne

supplica lo sguardo

delle pietre lisce e tonde.

 

E' già iniziato quel canto

somiglia al viaggio silenzioso

alla corsa degli assenti
ai fiori bianchi delle ciliegie rosse.

 

Il mare riporta
i capelli di bambini feriti

di pianti consolati.

 

Canti di rose e di lune tagliate

a bocca chiusa
per non concedere nulla
al disperante.

 

Attesa di carezze

sugli zigomi tondi e lisci

sulle palpebre
che custodiscono il cielo.

 

Dita invisibili
e piedi di sabbia

stuoie leggere
per camminare
con gli occhi socchiusi
e la bocca baciata dal canto.

 

Walter Rossi

Piccole parole, quasi niente,
piccole cose per la mia amica Marina Valmaggi 

Antefatto

 

11 marzo 2011: terremoto, maremoto e tsunami, con epicentro al largo della regione di Tohoku nel Giappone settentrionale. Devastazioni. Incidente nucleare a Fukushima. Bilancio: 15.550 morti, oltre 5000 dispersi e altrettanti feriti, 90.000 sfollati.

Giugno 2011: ci giunge la richiesta della prof.ssa Wakako Saito dell'Università Aichigakuin di Nagoya, con la quale c’è una solida amicizia sbocciata nell’ambito del “Meeting per l’Amicizia fra i popoli”: mi chiede di “essere strumento del Mistero” per i sopravvissuti, portando fra di loro il conforto del canto e la bellezza della nostra amicizia. Proprio nelle terre devastate.

Quasi incredula, accetto e provo a coinvolgere le persone con cui faccio musica. Oltre al TRIO IN CANTICIS (formato da me, Guya Valmaggi e Francesco Mingucci) accoglie l'invito anche Sergio Parias, giovane pro-cugino di origini colombiane, laureato in lingue orientali. 

 

Il nostro compito sarà quello di “donare amore”, come ci chiede Wakako: pregare per le vittime, testimoniare l'amicizia, rallegrare con il canto i momenti di incontro.

In agosto i biglietti aerei sono carissimi: non so come reperire i soldi necessari per il viaggio. Provo a far girare la voce fra gli amici, anche se è imbarazzante. Mi incoraggiano all’inizio le offerte di Eugenia Ricci, sorella del compianto don Francesco, e del prof. Peppino Scidà. Determinante è poi il contributo di un industriale riminese che non vuol essere menzionato. Prenoto i biglietti appena in tempo.

Luglio 2011: Dedichiamo molta cura alla scelta dei canti e alle prove. Il repertorio include canti religiosi e canzoni tradizionali italiane.

La nostra amica Wakako, buddhista, ci ha assicurato che non ci sono barriere ideologiche e che sarà la musica stessa a creare quella sintonia che perseguiamo. Da parte sua si impegna a presentare i brani e le traduzioni che forniremo.

Cerchiamo anche un brano giapponese da cantare insieme alla gente, come omaggio al loro popolo e alla loro terra. Una dottoressa italiana, sposata con un musicista giapponese, lo interpella al riguardo e poi ci gira il suo suggerimento. È il canto “Sakura”, che tutti conoscono, dedicato al fiore simbolo del paese asiatico: il ciliegio ornamentale, che in primavera rallegra i viali e i giardini.

Non potremo portare con noi più di una valigia con gli strumenti, oltre ad uno zainetto ciascuno, perché dovremo camminare in luoghi disagevoli, prendere mezzi pubblici o stiparci in un’auto. Così decido di acquistare una chitarra dalla cassa molto ridotta, che si riesce a infilare in uno zaino, e un flauto da poco; un’amica ci presta un mandolino passabile, e riusciamo a mettere in valigia anche un cembalo per i canti popolari.

Chi crede nella Provvidenza ammetterà con me che deve averci messo lo zampino. Poiché i nostri biglietti sono in overbooking, a Parigi veniamo “confinati” nell’area vip dove, essendo noi soli, ci stendiamo comodamente ciascuno in una fila di sedili... e dormiamo indisturbati quasi sino a Tokio. 

L'arrivo

 

Quando sbarchiamo a Shonai dopo avere cambiato aereo a Tokio, il 12 agosto, sono passate 25 ore dalla partenza.

Wakako e la sua famiglia ci accolgono con grande affetto.
Nel percorso verso il monastero dove alloggeremo vediamo con i nostri occhi la devastazione di cui ci avevano parlato: interi villaggi rasi al suolo, cumuli di rovine, addirittura barche sopra i tetti e auto accatastate le une sulle altre...

Non riusciamo nemmeno a parlare. 

 

Dopo una breve visita alla più antica pagoda della regione, giungiamo a destinazione: il monastero sulla montagna sacra del Monte Paguro. 

Bando alla tristezza. Il tempo per una doccia, poi subito a provare...

 

Cominciamo la serata con la cena e i racconti per conoscerci. La comunità dei monaci e dei loro collaboratori è cordiale e la cucina è ottima. 

 

Neppure una volta abbiamo mangiato insieme senza che poi si cantasse! 

Giappone 2011-2021

 

A dieci anni di distanza, sono ancora più consapevole che la scelta che pareva pazzesca era invece ragionevole; e che la sproporzione fra l'immenso dolore della popolazione e la piccolezza della consolazione, che potevamo portare noi, non invalidava l'importanza di quella scelta.

Una goccia d'acqua sulle labbra dell'assetato forse lo aiuterà a sopportare la sete sino a quando non troverà una fonte.
Quella goccia d'acqua non veniva da noi, ma dall'amore del buon Dio: al quale i giapponesi non danno un nome e che, se sono religiosi, chiamano solo Mistero.

Un Mistero lontano non consola: ma se è vicino, se è carezza, sorriso e canto, allora può dare la forza per risollevarsi e ricominciare a camminare, come hanno testimoniato alcune persone, alla fine dei piccoli concerti che facevamo più volte al giorno. 


Ecco cosa ha detto, davanti a tutti, un'anziana donna alla fine di un incontro:
“Io ho perso tutto a causa dello tsunami e ho pianto tanto, non dormo la notte... Ma oggi, ascoltandovi, qualcosa è rinato dentro al mio cuore: quindi ho deciso di rialzarmi, ho deciso di guardare la mia realtà. Vorrei vincere il mio dolore e farmi forza.”

 

Una giovane mamma, quando alla fine di un concerto abbiamo cantato “Sakura” con tutta la gente, è venuta a ringraziarci così:
“Ogni anno i sakura fioriscono in aprile: quest'anno dopo la tragedia del terremoto e dello tsunami non ne ho più visti, o forse non avevo il desiderio di vederli. Ma oggi, mentre stavo ascoltando “Sakura” cantato da voi italiani, ho cominciato a ricordare la bellissima sakura che contemplavo ogni anno con la mia famiglia e ho avuto nuovamente il coraggio di cantare...” 

 

Anche le ragazzine di un riformatorio, per le quali avevamo fatto un concerto, alla fine hanno voluto cantare con noi; e la cosa più importante è che, come ci è stato raccontato, nei mesi successivi hanno chiesto al direttore di poter fare anche loro la “caritativa” con il canto, per i numerosi bambini rimasti orfani.

Abbiamo cantato e pregato sulla montagna sacra di Haguro e di Yudono, che sono i luoghi del Buddhismo e dello Shintoismo. I presenti ascoltavano chiudendo gli occhi, a volte piangevano e pregavano, a volte sorridevano e battevano le mani, alcuni facevano domande, sbalorditi che non fossimo pagati o obbligati da qualche accordo internazionale.
Alla fine di ogni giornata, provati dal caldo e dalla stanchezza, dormendo scomodamente in terra su un semplice “futon”, non ci siamo mai chiesti se ne valesse la pena: ringraziavamo invece il buon Dio per averci donato quell'opportunità. 

Di là degli oceani

 

L’unica vera preoccupazione era per me la difficoltà di collegamento con l’Italia. Negli aeroporti di Tokio tutto funzionava bene ma, nella regione in cui ci muovevamo ora, era pressoché impossibile comunicare con il mondo. Dopo qualche giorno abbiamo saputo che l’aeroporto di Sendai, semidistrutto, era stato parzialmente riaperto e ci siamo recati subito là: ma i servizi erano molto ridotti, non si trovavano schede telefoniche, i numeri verdi squillavano a vuoto. 


Mi viene un’idea: i social! Ci sono alcune postazioni internet funzionanti. Per fortuna ricordo la mia password di Facebook: cerco febbrilmente la bacheca dell’unico figlio con cui ho l’ “amicizia” virtuale... e leggo un post che mi costa improvvise lacrime. Dice soltanto: Ti ho scritto questa, ieri sera.

 

Ed è partita
a portare la speranza.
Ingenua, matta, decisa:

semplicemente è andata
come ai tempi belli,
non i suoi (che non son mai passati),

come a quei tempi in cui
c’era solo lo stupore
e la voglia di partire.
Ed è partita
andata con la sua,
di speranza,
che è sempre musica
musica musica musica.

 

Viaggio poi canto.
Le lacrime orientali
per la nostalgia del nostro sud
le lacrime orientali
sulle macerie della loro saggezza.

Le lacrime orientali
davanti alla speranza di chi parte

come guitti d’altri tempi
per cantare cantare cantare
e gridare tra le note
che non c’è paura
capace di fermare il nostro cuore.

 

Il nostro: e anche il suo. Il mio cuore trabocca di gratitudine, il buon Dio mi sembra ancora più vicino, presente in mezzo a noi.
Scrivo
Grazie e Tutto bene! perché dobbiamo ripartire subito. 

I canti

 

Prima di ogni incontro e concerto sceglievamo attentamente il repertorio, in base alla circostanza e al tempo che avevamo a disposizione, per essere certi che tutti i concetti fondamentali fossero trasmessi attraverso le canzoni e le brevi presentazioni che Wakako puntualmente faceva.

Si cominciava sempre con la preghiera per le vittime. La polifonia era garantita (eravamo soprano, contralto, tenore e basso) e conferiva solennità all’incontro, anche solo per i primi minuti dedicati alla memoria. Inoltre, per il suo intrinseco potere evocativo, favoriva la meditazione e l’ascolto.

I “community concert”, che erano abbastanza informali e potevano svolgersi tanto in luoghi pubblici - come le sale comuni dei villaggi - quanto nelle case private, oppure all'aperto, iniziavano sempre con due brani polifonici: l' “Inno delle scolte di Assisi” e “Stelutis alpinis”.

Quest'ultimo canto era stato scelto per una ragione particolare: il mese di ottobre per i giapponesi è il mese dei morti, e il periodo fra il 13 e il 15 agosto (il “Bon”) è quello in cui i morti tornano a casa per stare insieme alle loro famiglie e ai loro amici; in questo canto friulano si immagina che lo spirito di un soldato, sepolto in un prato di stelle alpine, aleggi nella casa della sua giovane moglie portandole conforto e amore. Proseguivamo con canzoni che aprivano il cuore alla bellezza, come il “Cantico delle creature”, “Quando tornerò”, “Grazie alla vita”, sino ad arrivare ai canti napoletani, fra i quali brillavano la “Tammuriata nera” e “O sole mio”, che con “Volare” era ilpreferito e il più richiesto come bis. 


(Non avrei mai creduto che un giorno avrei cantato in pubblico “Volare” ! )
 


 

Quando la situazione lo consentiva e se c'era una nutrita presenza di bambini, optavamo per i canti popolari italiani (gli stornelli mugellani, Siur padrùn, Alla fiera di Mast'André, L'uva fogarina) per terminare con gli amatissimi “Liocorni” (o “Coccodrilli”) nei quali due di noi facevamo la musica mentre gli altri due mimavano tutta la canzone, con grande divertimento dei bambini, che subito ci imitavano. 


 

Ai luoghi concepiti come monumenti sacri per i caduti, nonché ai cimiteri, avevamo riservato i canti più impegnativi: canti della tradizione cristiana, capaci di trasmettere lo spirito della preghiera, dell'elevazione dell'animo e dell'umiltà della domanda. Eravamo impressionati da un fatto: sembrava che i presenti pregassero insieme a noi. “Rorate coeli”, “Qui presso a Te, Signore”, “Ave Maria splendore del mattino”, “Sono come soffio di vento” e alcuni gregoriani...

Abbiamo cantato nei templi, dove c'era sempre gente raccolta in preghiera nella penombra e nel silenzio. 


 

Il luogo sacro più bello è stato la Montagna della Luna, dove siamo saliti a piedi scalzi per uno stretto sentiero di roccia dilavata da acque calde di origine vulcanica. Sapevamo che il nostro canto, una volta in cima, si sarebbe sentito in tutta la valle: abbiamo scelto “Iesu dulcis memoria”. Tornati alla base, che era un centro di devozione frequentato da molti pellegrini, abbiamo fatto un concerto alla presenza di un gruppo di giovani buddisti provenienti da Tokyo, fra cui anche degli artisti. 


 

In un'altra occasione, nella costiera devastata presso Hishinomaki, quando a sorpresa ci siamo trovati di fronte ad una chiesetta ortodossa rimasta miracolosamente in piedi, abbiamo voluto ringraziare il Signore con un canto: e poiché non avevamo con noi i testi (che erano rimasti nell'auto) abbiamo intonato l'unico che sapevamo bene a memoria tutti e quattro. Era l'antico canto “Adeste fideles”: un canto natalizio il giorno di ferragosto... magari un auspicio! 


 

Alcuni cimiteri erano solo giardini con tabelle di innumerevoli nomi, perché il mare non aveva restituito i corpi: in uno di questi, un giovane monaco buddhista onorava i defunti con lunghi suoni che ricavava soffiando in una grande conchiglia. 

 

Altri erano semplici collinette, in mezzo a grandi spazi ormai deserti: nella sommità erano piantate piccole lapidi in legno alla cui base i parenti sopravvissuti deponevano doni di frutta, dolci e bevande, ed anche lettere e biglietti, disegni, cuori. 


 

Nell'arco di una giornata passavamo attraverso le situazioni più diverse, accomunate da una sola evidenza: la tabula rasa dei luoghi e l'assenza degli uomini che prima vi abitavano.
E il coraggio dei sopravvissuti, con gli occhi asciutti ma con una pena immensa nel cuore (sapevamo che fra loro c'erano stati molti suicidi).

O la solerte azione del governo, che aveva rimosso rapidamente le rovine accorpandole in collinette di macerie omogenee.
O l'operosità degli assistenti sociali, che avevano creato artificialmente delle comunità ben organizzate.

Accanto a tutto questo, l'attività incessante della professoressa Wakako e di alcuni suoi amici che avevano scelto di portare in quella realtà una dimensione verticale, il soffio di una vita che è al di là delle circostanze storiche. Ci ha procurato interviste per radio e televisione (a Ishinomaki e Yourage), locale e nazionale, e ha regolarmente trasmesso le notizie alla stampa. Dovunque andassimo, trovavamo piccoli manifesti con il curriculum (in giapponese e inglese) e l’annuncio del concerto. 


 

Sì, il governo provvedeva rigorosamente a tutti i bisogni materiali: ma l'animo umano ha bisogno di nutrirsi di qualcosa di più. I pensieri, le domande, la speranza, il futuro, la paura, il rimpianto: tutto questo chiedeva di emergere, o almeno di essere interpretato, cosicché ciascuno dei presenti si sentisse conosciuto e capito, si potesse identificare.

E la musica creava questo miracolo! 

Le visite ai cattolici

 

L’ultimo giorno è stato dedicato alle visite nei luoghi di cultura, terminate con un concerto nella chiesa di St.Mary di Tsuruoka.
La chiesa cattolica di Sendai, il cui parroco è anche il responsabile locale della Caritas, è concepita in modo molto essenziale, quasi spoglio; in un piano separato 


 

ospita grandi statue di tre missionari e martiri, davanti ai quali abbiamo pregato e cantato “Iesu Tibi vivo, Iesu, tibi morior...”. 


 

Dopo un incontro in forma di intervista con il parroco, ci siamo spostati nel Museo di Sendai, dove abbiamo potuto conoscere i primi contatti - per lo più commerciali - fra il Giappone e il mondo occidentale.

Abbiamo quindi raggiunto la chiesa cattolica di Tsuruoka, che ha un centinaio d’anni ed è costruita su modello europeo. 


 

Qui ci siamo sentiti veramente a casa, benché a così grande distanza, ed abbiamo eseguito un programma esclusivamente di canti cristiani, antichi e popolari, a completamento di un percorso ideale per affidare a Dio il popolo e la terra giapponese. 


L’ultima serata è terminata con un sayonara - party nel convento che era stato la nostra base operativa e ci aveva riservato un’accoglienza fraterna, così come Wakako e tutta la sua famiglia. Ci hanno fatto molti doni, fra cui il loro sake, i fiori, i messaggi con elegante scrittura e un vaso prezioso.

 

 

Mentre il giovane pro-cugino Sergio partiva per Tokyo, dove stava seguendo un master post-laurea, noi tre, con l’ultimo residuo di voce, abbiamo cantato l’intero repertorio popolare, con i canti italiani che i giapponesi non si stancano di ascoltare.

La gentilezza è la cifra dei loro rapporti. Ma dietro la forma impeccabile abbiamo incontrato un vero affetto e una grande comprensione, che è merito sicuramente della preziosa mediazione di Wakako, di suo padre, di sua madre e di suo fratello, che ci hanno accompagnati passo per passo in questa avventura. 

 

La stampa giapponese ha documentato alcune fasi del viaggio, cui è stato dedicato anche un breve servizio dalla TV nazionale

 

 

DEDICA

a Wakako e agli amici giapponesi

 

A piedi scalzi abbiamo camminato

in mezzo a voi
e su coltri leggere riposato

 

Sulla montagna sacra insieme

abbiamo supplicato
tra pietre umide e ombre secolari

 

pensosi per l’eterno viaggio

degli assenti

presenti oltre noi

 

Nei campi ormai deserti

e nelle spiagge umiliate

da scafi rovesciati

 

un canto lento abbiamo ripetuto,

ad invocare la carezza lieve
del Mistero che nasconde il suo volto

 

Su fondamenta nuove ancora

entreremo nella vostra casa

a piedi scalzi 

Appendice

 

Canti e link (in grassetto i brani registrati dal vivo durante i concerti) 

 

Prayer for the Victims

1.STELUTIS ALPINIS tradizionale 

2.SALMO 50 (MISERERE) (mus. Marina Valmaggi) 

3.COMPIANTO E MISERERE (Marina Valmaggi) 

4.RORATECOELI tradizionale 

5.ALLELUIA. IUSTUS. tradizionale 

6.SONO COME SOFFIO DI VENTO (Marina Valmaggi) 

7. IESU DULCIS MEMORIA tradizionale 

8.IESU TIBI VIVO tradizionale 

9.QUI PRESSO A TE SIGNORE

 

Community Concerts

IL COPRIFOCO (Inno delle scolte i Assisi) tradizionale 

https://www.youtube.com/watch?v=aPgmwRpPUhA&t=3s

TAMMURIATA NERA. (E.A. Mario - E. Nicolardi.) 

MUNASTERIO E SANTA CHIARA (M. Galdieri-A. Barberis) 

O SOLE MIO (Eduardo di Capua) 

RICCIOLINO D’AMOR tradizionale 

 

SIUR PADRUN tradizionale 

QUANDO TORNERÒ (Marina Valmaggi) 

VOLARE (Domenico Modugno) 

GRAZIE ALLA VITA (Violeta Parra) 

ALLA FIERA DI MASTR’ANDRÈ

L’UVA FOGARINA tradizionale 

I DUE LIOCORNI (R.Grotti) 

tradizionale

SAKURA (tradizionale) 

 

 

Music in Temple

(Catholic and Ortodox Church, Buddhist and Shintoist temple) and cemetery URI SAPHON tradizionale

ALLELUIA ARMENO tradizionale 

ALLELUJA TOTA PULCHRA tradizionale 

AVE DONNA SANTISSIMA tradizionale 

CANTICO DELLE CREATURE (mus. Marina Valmaggi) 

AVE MARIA SPLENDORE DEL MATTINO (Claudio Chieffo) 

ADESTE FIDELES tradizionale